La dottoressa Barbara Masetti, medico veterinario esperto in Ecografia addominale della clinica veterinaria Legnano di Ca’ Zampa, approfondisce con noi un tema molto delicato: come fare prevenzione renale nel cane, ma anche nel gatto.

Come capire se il nostro pet ha problemi renali?

Sicuramente uno dei motivi principali per cui i proprietari portano il pet in visita è perché notano un aumento della produzione di urina e una frequenza aumentata della minzione: nel cane si nota perché chiede più spesso di uscire appunto per fare la pipì oppure addirittura la fa direttamente anche in casa. Si va così incontro anche ad un aumento della sete, la cosiddetta polidpsia: accade ovviamente perché, essendoci un danno reale, il rene non è più in grado di concentrare bene le urine e di conseguenza appariranno anche più diluite, più chiare. 

Ciò comporta una perdita di liquidi e la disidratazione del paziente che di conseguenza il cane o il gatto cercherà di assumere più liquidi bevendo di più. Si nota soprattutto nel gatto perché, essendo una specie che per sua natura beve poco, andrà più spesso verso la ciotola: questo tipo di comportamento deve essere assolutamente un campanello d’allarme.

Cosa fare per prevenire i problemi renali nel cane (come nel gatto)?

La prevenzione renale nel cane, intesa come diagnosi precoce è assolutamente fondamentale perché più che prevenire la patologia, quello che noi possiamo fare è diagnosticarla più precocemente per intervenire il più velocemente possibile. Come per noi umani, sono necessari esami di screening come gli esami del sangue e delle urine. 

Successivamente il veterinario fa la stadiazione, ovvero classifica il paziente in stadio uno, due, tre o quattro in base ad alcuni parametri tra cui anche il valore di laboratorio della creatinina e negli ultimi anni abbiamo anche un altro parametro che si chiama SDMA: è un biomarker della funzionalità renale che si alza molto prima della creatina. Questa infatti si alza quando circa il 75% dei reni è danneggiato mentre con la SDMA siamo più o meno al 30-40% di danno.

Quali sono le cause più frequenti che portano il nostro Pet a soffrire di reni?

Non è detto che ci siano delle vere e proprie cause scatenanti la patologia renale cronica: spesso soprattutto nel gatto è legata all’età e dunque all’invecchiamento dell’organo. Vero anche che ci possono essere delle situazioni che possono predisporre a sviluppare la patologia renale cronica. Qualsiasi danno ai reni – come ingestione di una sostanza tossica, veleno, anestesie ripetute, presenza di patologie congenite o infezioni anche ricorrenti delle vie urinarie, e ancora calcoli – può facilitare l’insorgenza di disfunzioni di questo organo.

Quali sono l’iter e le terapie da seguire una volta scoperta la malattia?

La necropatia cronica è una patologia progressiva purtroppo, quindi il veterinario svolge un ruolo chiave nel ritardarne la progressione e migliorare la qualità di vita dell’animale. La guarigione vera e propria purtroppo non esiste, essendo una cosa degenerativa; per la terapia da seguire, dipende e varia in base allo stadio in cui viene classificato il paziente. Sicuramente, nell’ottica di fare prevenzione renale, per il cane come per il gatto, il fattore più importante è l’idratazione: il consiglio è favorire l’idratazione cercando di far assumere più acqua al cane o al gatto per via orale o tramite terapia specifica chimica dietro valutazione del veterinario in base al livello di disidratazione e allo stadio del paziente. 

Fondamentale anche l’approccio nutrizionale, la cosiddetta dieta renale, che però deve essere sempre personalizzata al fine di rallentare la malattia ma senza esporre il pet inutilmente a una malnutrizione proteica prima ancora di avere una diagnosi certa. Inoltre ci sono altre terapie che dipendono o meno dalla presenza di altre complicanze legate alla patologia renale cronica come l’ipertensione arteriosa sistemica o la perdita di proteine con le urine: in questi casi si interviene con i farmaci.

Non esiste un protocollo terapeutico per il paziente necropatico valido per tutti: la terapia va delineata sul singolo individuo e approcciata a 360° e non si può prescindere dalla terapia sintomatica. Resta di primaria importanza la qualità della vita del pet e il target del veterinario è sì rallentare la patologia ma anche far star bene il paziente e di farlo vivere nel miglior modo possibile.

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